Rodolfo Zanni

L'ostracismo e la persecuzione

L’ostracismo

Più fattori hanno concorso all’ostracismo decretato al talentuoso musicista, primo fra tutti il suo modo di essere, la sua personalità. Il giovane Zanni aveva un carattere ben definito, indipendente ed autonomo; agiva come sentiva di dover agire, in maniera decisa e senza indulgere a compromessi. Era quindi portato costituzionalmente a scontrarsi col potere, sia pure senza premeditazione o compiacimento. Tutto il suo comportamento e anche la sua musica riportano ad una persona con idee e posizioni divergenti dal proprio gruppo di appartenenza, una persona che, vivendo e partecipando alla vita della sua comunità musicale, dissente dalle opinioni della maggioranza e dalle regole dell’autorità prevalente. Che, fermo nelle proprie convinzioni, fermamente rigetta, le sofisticazioni delle gerarchie per fare una scelta diversa. Emblematica di queste sue peculiari qualità è la rinuncia volontaria agli insegnamenti di Williams e ancora di più l’esclusione dal programma del concerto al Colón di tutto l’establishment musicale dell’epoca, che dovette assistere impotente al suo trionfo sotto gli occhi del presidente della Repubblica Argentina. Fatto oggettivamente provocatorio, sicuramente recepito come un affronto e che dovette suscitare la conseguente invidia irrefrenabile dei mediocri.

Pensiamo inoltre che non si vada lontano dal vero nel supporre l’amicizia — quanto intima non è dato sapere — con la first lady Regina Pacini, il che spiegherebbe, almeno in parte, la straordinaria chance che aveva avuto di esibirsi da solo nel teatro più importante del paese.

Da ultimo, ma non in ordine di importanza, ad aggravare la situazione conosciamo la presenza incombente della Liga Patriótica Argentina. Era questa una organizzazione di ultradestra, creata nel 1919, che aveva un livello politico (il fondatore Domecq Garcia, come anche Vicente Gallo, erano nel governo De Alvear) e un livello paramilitare: una manovalanza che agiva capillarmente sul territorio, attraverso una serie numerosa di brigate e compiva azioni di squadrismo, quando non vere proprie azioni criminali, contro i diversi, gli eretici, gli impuri che si rifacevano a culture diverse dal nazionalismo argentino in tutti settori, compreso quello artistico. Abbiamo, sul clima fortemente anti italiano che si era instaurato nell’ambiente musicale di Buenos Aires, un reportage incredibile di Mascagni, che narra con dovizia di particolari le angherie che lui medesimo aveva dovuto sopportare. Ma per gli altri artisti meno conosciuti e indifesi il trattamento era sicuramente più incisivo: studiosi del periodo hanno scritto che le brigate attaccavano gli «indesiderabili», usavano il pugno di ferro fino all’omicidio, si appropriavano dei loro dei beni, facevano sparire i corpi e le opere. È un momento oscuro della storia argentina, sul quale non ci si è soffermati abbastanza. Questa presenza getta una luce sinistra di sospetto anche sulla morte di Rodolfo.

La persecuzione

La persecuzione è accertata in maniera inequivocabile e raccontata da Emilio Pelaia in un articolo pubblicato sulla rivista «Disonancias» del gennaio 1928, all’indomani della morte di Rodolfo. Non sono ipotesi o costruzioni letterarie: le denunce che egli fa sono esplicite e non possono essere sottovalutate, perché scritte e firmate da un importante musicista dell’epoca, che ancora oggi viene ricordato, tra l’altro, per il libro sulla nuova scuola violinistica italiana fondata dal maestro Francesco Sfilio. Dice dunque Pelaia che, mentre molti conoscono la precocità di Zanni, non tutti sanno che questo artista aveva dovuto assaggiare sovente l’amara delusione, nel calice che costantemente avvicinava alle sue labbra la punzecchiante invidia degli uomini mediocri; che le spiccate qualità musicale di Rodolfo Zanni avevano suscitato anche l’invidia di un nucleo di mediocri e che, «se la sua opera non è stata valorizzata coscientemente si deve alla guerra implacabile decretata da una consorteria tenebrosa, perversa e malintenzionata che manovra nell’ombra e conta più seguaci che una religione»